
di Giuseppe Nava
la sabbia che l’occhio espurga
è lo sfrido del guardare, del vedere
ripetersi ancora le stesse omissioni
e creare vuoti in cui precipita
la luce – fuori fuoco il quadro si sfalda
si spalma in porzioni confuse, le mire
si fanno rappresaglie e le colpe
scuse –
è la scoria del vedere le fessure
che s’allargano, le vecchie suture che
non tengono, le nuove non hanno memoria
e un intero paese si masturba
con un arto fantasma –
è lo sforzo di fissare, non voltarsi,
di farsi più vicino per cercare
di capire: dove la rifrazione è viziata,
dove diventa fiducia nell’abbaglio,
cercare di dirlo in questa stessa lingua
mentre siamo spinti avanti, sorridenti
nel campo vuoto, verso il cielo
che si fa nero
(febbraio 2018)