
di Enrico Giacomini
Pochi metri di giardino, rinchiusi
in una cura quasi maniacale.
La brina che lo ricopre, troppo fragile
per resistere al farsi del giorno;
un sottile lenzuolo infantile.
(Cammino e mi penso in questa luce
di forme esauste che è il silenzio
a quest’ora. Il gesto che spezza
l’abitudine sta tutto nel peso
del mio passo premuto
sull’erba, nel contorno
di orme che vanno.)
Ho firmato un rettangolo bianco
per lasciarvi una traccia
– la più fragile – di me.
Questa
la mia colpa più grande.