Gian Pietro Barbieri
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Gian Pietro Barbieri
Con questa raccolta di poesie, Gian Pietro Barbieri continua la sua opera di inesausta canzone della natura e del territorio – la loro opposizione, il loro chiasmo. Lo sguardo è quello della sentinella biblica a cui si chiede quanto manca alla notte, ovvero quanto ancora durerà la verità della brina, del mondo che si rifà intatto e si rende disponibile all’uomo, alla sua parola che screzia e sovverte. E come energia attivante, la volontà di lasciare essere ciò che è fuori, là dove poesia e pedagogia suonano insieme.
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di Gian Pietro Barbieri
La segregazione, scrive Fabio Franzin nell’introduzione al testo, è la condizione umana in cui Barbieri (poeta schivo eppure presenza costante nell’ambito della poesia veneta, con all’attivo già alcune opere di spessore) ha vissuto e scritto le poesie che compongono questa raccolta nell’arco di un lustro stanziale e, costretto dalle necessità, di una solitudine randagia. La formula consolante di una triste eppur stupenda constatazione zanzottiana, “non resta che cingersi intorno il paesaggio”, potrebbe essere la trama riassuntiva di Torre di Fine.
—
e camminando nell’isola che non ha fine
dal balcone sporgendomi, qualcuno nel buio
accese la luce delle scale
s’illuminò la spina dorsale del condominio
la carne della tenebra ebbe il suo scheletro
un braille di stelle
tutto quel silenzio ebbe il suo inutile segno,
la mia scrittura.—
Presto anche in versione digitale (ePub)
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